DIDIER ANZIEU E LO PSICODRAMMA

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Introduzione di Ottavio Rosati al libro "Lo psicodramma analitico del bambino e dell'adolescente" di Didier Anzieu

Questo libro di Didier Anzieu, noto per una magistrale opera sull'autoanalisi di Freud, rappresentava un punto di riferimento per gli specialisti del settore già nel 1958. Questo fu un anno per certi versi miliare per lo psicodramma, perché le diverse équipe di psicoterapeuti francesi che lo utilizzavano con divergenze teoriche e tecniche si riunirono nella prima delle giornate annuali per lo scambio delle loro esperienze cliniche.

Lo psicodramma era entrato a Parigi nel 1946, al rientro di una missione di psichiatri al teatro terapeutico di Moreno a Beacon (New York), con Mireille Monod e Serge Lebovici che lo avevano applicato in due distinte équipes al Centro Claude Bernard e all'Hopital des Enfants Malades. Negli anni successivi si erano diffuse in Francia - a differenza di quanto accadeva in Inghilterra e di quanto tuttora accade in Italia - le sedi che ospitavano gruppi di psicodramma per l'infanzia. Gruppi in cui le teorie psicosociali, come quella di Slavson e quella di Moreno sull'assunzione del ruolo, andavano progressivamente combinandosi a una sensibilità psicoanalitica. Anche la scissione della Società Psicoanalitica di Parigi aveva contribuito a moltiplicare le scuole di psicodramma allorché queste decisero di raccogliere l'invito di Lebovici agli incontri periodici che confluirono nel 1961 nella Società Francese di Psicoterapia di Gruppo. E da questa è forse opportuno partire per ottenere una collocazione storica del libro di Anzieu.

Tra i fondatori della Società spiccavano oltre a Lebovici, che con R. Diatkine ed E. Kestemberg rappresentava il cosiddetto psicodramma psicoanalitico, J. Favez Boutonier e A. Schiitzenberger che esponevano la teoria del Gruppo Francese di Sociometria, e Simone Blajan-Marcus per il futuro gruppo della S.E.P.T.3

Questo vero e proprio Eranos psicodrammatico, psicoanaIitico in vari modi ma per certi versi ancora moreniano, era completato da Daniel Widl~cher, Didier Anzieu, M. Raclot e N. Smagghe. Widl& cher in quello stesso anno pubblicò un suo libro sullo psicodramma dei bambini « da lui praticato, dando rilievo all'assunzione del ruolo più che all'interpretazione analitica, sia al Centro della Salpétrière che al Claude Bernard. Quanto ad Anzieu, egli teneva con G. Testemale Monod gruppi di psicodramma al Claude Bernard nei termini descritti nella prima edizione di questo libro (1956), dove gli esempi clinici erano interpretati sia in chiave psicoanalitica che nei termini della teoria dei ruoli. L'Autore aveva superato i test psicodrammatici con Mireille Monod ed Evelyne Kestemberg e si era formato alla tecnica con Paul GraveI e G. Testemale Monod. Nella prima edizione di Le psychodrame analytique chez l'enfat, Anzieu aveva "elaborato la sua tesi di laurea, con l'evidente volontà di operare un incontro tra la teoria freudiana e la psicologia sociale di cui si era occupato come assistente universitario di Daniel Lagache. Questa apertura culturale è avvertibile tra l'altro nelle pagine dedicate alla personalità di J.L. Moreno e alla sua non facile collocazione scientifica, culturale e artistica. Anzieu si mostra capace di dipanare un groviglio che in genere gli psicoanalisti interessati allo psicodramma preferiscono liquidare con qualche formula totalizzatrice applicata a qualche informazione di seconda mano sulle origini dello psicodramma. A questo proposito è paradigmatica l'osservazione di Anzieu a Diatkine, che nel 1954 aveva sostenuto come lo psicodramma mirasse alla valorizzazione dell'immaginario. Anzieu precisa opportunamente che Moreno aveva inventato gli interventi dei personaggi ausiliari nello psicodramma proprio per evitare che il paziente si installasse, con la complicità del gioco, in una soddisfazione narcisistica e megalomanica dove l'universo si piega ai desideri.


Ed è opportuno ricordarsene oggi che la situazione delle scuole elementari e medie in Italia è caratterizzata dal successo dei gruppi di animazione e drammatizzazione. Non è raro infatti che il ricorso alla tecnica psicodrammatica da parte di conduttori privi di formazione analitica si risolva a conti fatti in una serie di passaggi all'atto falsamente liberatori e, nella migliore delle ipotesi, inutili. In questo libro Anzieu ricorda tra l'altro le difficili esperienze terapeutiche attraverso le quali il gruppo di Lebovici modificò più volte la sua concezione dello psicodramma. Partiti dal principio che dovesse essere permesso al bambino di fare qualsiasi cosa durante la seduta, Lebovici e i suoi collaboratori arrivarono alla conclusione che il passaggio all'atto andasse proibito e che la produzione drammatica andasse considerata come un contenuto manifesto con un contenuto latente da scoprire e verbalizzare.

A questo proposito sono pure calzanti le osservazioni di Anzieu sulla strategia dell'ascolto nel gruppo, il momento opportuno per avanzare un'interpretazione in profondo, gli errori dei falsi psicoanalisti, il rapporto fra trasformazione interna e mondo esterno.

D’altra parte Anzieu conserva volentieri molte invenzioni tecniche di Moreno come lo specchio, il rovesciamento dei ruoli, il doppio.

Soprattutto mantiene i criteri che l'assunzione del ruolo abbia un effetto maturatore, che l'intensità del gioco drammatico ottenga efficacemente la catarsi e che il confronto con un gruppo di altri allarghi il numero dei ruoli possibili per ii soggetto e anche la sua capacità di relazione.

Tra i riferimenti della prima edizione del libro di Anzieu, appariva anche la concezione dei tre registri della cura psicoanalitica immaginario, simbolico e reale -- secondo Jacques Lacan, che sarebbe in seguito stata abbandonata per molteplici ragioni. Sin da allora però Anzieu riteneva contraddittorio che una teoria come quella di Lacan, per cui l'inconscio sarebbe strutturato come un linguaggio, potesse essere integrata allo psicodramma, un tipo di psicoterapia dove il paziente è fortemente implicato al livello del corpo e degli affetti. Nella nuova edizione del libro Anzieu cita tra virgolette la sua originaria formulazione psicodrammatica delle tre categorie lacaniane:

Nello psicodramma la distinzione dei tre registri è forse ancora più netta. In quanto esprime le loro fantasie, il tema proposto dai soggetti li situa nel registro immaginario, della parola vuota, della fascinazione per una certa immagine di se stessi nella quale cercano di fare entrare gli altri. In quanto enuncia i ruoli che il soggetto mira a mettere alla prova, si costituisce il registro simbolico intermedio tra mimo puro e la pura verbalizzazione, registro proprio dello psicodramma. Quanto alla recitazione, essa fornisce la prova della realtà, rappresentata allo stesso tempo dai personaggi ausiliari e dalla capacità di assumere effettivamente il ruolo annunciato.

Su questa originaria affermazione, da Anzieu ritrattata ma pur sempre citata, c'è qualcosa da dire. Va però premesso che ogni aspirazione a comprendere in modo chiaro i termini di Lacan è destinata a restare insoddisfatta, data la sua mercuriale tendenza (sempre più chiara col passare degli anni) a non assegnare ai suoi significanti un legame fisso con un significato. Il fatto è che nella concezione lacaniana ciascuna delle categorie del trittico (simbolico, reale, immaginario) si costituisce in rapporto alle altre due. E per di più vi trova un senso relativamente spostato rispetto a quello comune. Il simbolico di cui parla Lacan non ha niente a che vedere col simbolico di Jung, Cassirer o Bachelard, poco con quello di Piaget e non tutto con quello di Freud e Lévi-Strauss. Cosi il reale di Lacan non coincide semplicemente con quel principio di realtà al quale Anzieu sembra assimilarlo. Il reale differisce dalla realtà esterna e dalla realtà materiale, senza contare che non andrebbe nemmeno confuso con il vero.

In questo senso, effettivamente lacaniano, G. e P. Lemoine hanno potuto affermare a proposito dello psicodramma che il gruppo, pur essendo immaginario e non reale, mira a far si che il paziente si avvicini al reale anziché restare nell'immaginario. In che senso si articola questa apparente contraddizione e in che rapporto con la tesi di Anzieu?

Quando i Lemoine dicono che il gruppo di psicodramma viene a trovarsi "su un terreno totalmente immaginario contrariamente a quanto ha potuto affermare Moreno quando diceva di prendere le persone nel loro ambiente naturale", intendono che esso non è un gruppo reale. Non lo è nel senso in cui lo sono per esempio un gruppo di autocoscienza radicale o un gruppo di sperimentazione teatrale dove sono di casa quei legami interpersonali e quelle funzioni pratiche che farebbero invece perdere ogni efficacia a una terapia analitica. D'altra parte un gruppo di psicodramma analitico mira all'incontro dell'immaginario col simbolico e col reale per ciascuno dei partecipanti. Ma qui per 'reale' dovrebbe intendersi:

non certo il mondo come oggetto di scienza o quale lo si sperimenta con i sensi ma una sorta di legame profondo che venendo al mondo si perde. Di questo legame che forse l'uomo avrebbe se fosse un animale si può avere forse a tratti la rivelazione nell'arte o nell'orgasmo dove per un attimo si apre come una porta nel corpo e lo si sperimenta tramite una grande gioia, non certo più come montaggio organico.

Il reale infine sarebbe ciò che si perde non appena se ne parla e per quel che mi riguarda converrà fermarsi qui, per l'imbarazzo di poter perdere questo 'reale' che non siamo peraltro sicuri di aver trovato.

Basterà aver fatto allusione a un'ambiguità terminologica forse rilevante per chi studia le teorie dello psicodramma dove è di casa il problema dei rapporti tra recitazione e realtà/reale.

Più semplice è comprendere l'uso fatto da Anzieu del termine 'simbolico'. Lebovici e Diatkine avevano interpretato lo psicodramma come una produzione immaginaria determinata da fantasmi inconsci attraverso la quale un ragazzo poteva verbalizzare i propri conflitti e prenderne coscienza. Anzieu insiste che l'efficacia dello psicodramma è un'efficacia simbolica. La sua nozione di simbolico è definibile in rapporto alla teoria di Piaget sull'attività di simulacro e sull'imitazione reciproca di bambino e adulto nell'accesso alla funzione simbolica. Ma anche in rapporto al punto di vista di Wallon sul passaggio dall'emozione alla rappresentazione nel bambino.

Scopo della terapia psicodrammatica per Anzieu è di far rivivere simbolicamente il dramma personale del soggetto e di permettere riparazioni simboliche. Il gruppo dovrebbe operare attraverso la drammatizzazione dei conflitti, il gioco, la catarsi e soprattutto la comunicazione simbolica. Non occorre perciò durante le sedute far ricorso a un approccio genetico o storico-causale come in analisi. Tuttavia gli scopi sono uguali poiché il conduttore mira alla modifica dei fantasmi inconsci, della topica soggettiva e dei conflitti interni.

D'altra parte, la seduta di psicodramma, pur rispettando la regola di unità di tempo, di luogo e di azione, della tragedia classica, non mira a scopi collettivi, religiosi, estetici:

 

Tra la pura ricerca del piacere e il senso del sacro si situa la sua funzione che precisamente simbolica. Partecipa al dramma dei soggetti ma non entra nel loro gioco.

Che rapporto corre infine tra questa valenza simbolica e la trama immaginaria? Le immagini, si sa, sono la materia prima dello psicodramma ma anche il suo terreno di prova, soprattutto nel caso del bambino che spesso ha difficoltà di verbalizzazione. Ebbene cosa accade quando l'immaginario si articola in un laboratorio come quello dello psicodramma ed entra in rapporto con gli altri? Ovviamente gli altri possono confermare o smascherare l'alienazione immaginaria di chi gioca davanti ai loro occhi. Facciamo un esempio del primo caso.

Nel romanzo Tibi e Tascia, imperniato sulle vicende di due bambini, Saverio Strati narra un'esperienza che sembra rispondere a quell'invito a un incontro dove Moreno nei 1914 esortava il suo pubblico a scambiarsi, più che un'occhiata, gli occhi stessi. Nel racconto di Strati, dopo che Tibi ha detto a Tascia di essersi visto nelle sue pupille, leggiamo un esempio di conferma immaginaria a due:

Tascia avvicinò la sua faccia a quella di Tibi. Le pupille dei due ragazzi per la vicinanza dei visi si erano dilatate. Tascia disse: "Anche io mi vedo nelle tue pupille" e mosse l'indice davanti agli occhi di Tibi. “Vedo anche il mio dito: eccolo là". Sorrise e mise a nudo i suoi denti bianchi e uguali. Aggiunse: "Vedo anche i miei denti. Vedo tutta la mia faccia come in uno specchio". Tibi la guardava estasiato, felice. Non gli riusciva di parlare, tanto si sentiva felice.

In questo gioco il bambino e la bambina vivono un'esperienza rassicurante e gioiosa dove non solo fa da specchio ma è lo specchio dell'altro. Non si tratta però di un rispecchiamento analitico.

L'efficacia dello psicodramma si colloca dove per il bambino finisce questo genere di rispecchiamento immaginario, puramente simmetrico e ne interviene un altro più problematico, diversamente strutturante. Il cui valore è simbolico come quello del sacrificio rituale che nelle società primitive segna il passaggio dalla giovinezza alla maturità e permette al giovane di misurarsi col gruppo per riceverne il riconoscimento.

Nella nostra cultura, priva di riti come la circoncisione iniziatica, il gioco psicodrammatico, ritagliato in un tempo speciale e in uno spazio che Anzieu chiama, con Winnicott, transizionale, può svolgere una funzione per certi versi simile.

Mettendo in scena con gli altri l'immaginario, il bambino passa dall'isolamento conflittuale alla necessità di scambio, alla possibilità di confronto. Al di Ià dell'espressione simbolica è in questo scarto tra lo scenario e la sua rappresentazione teatrale che si realizza l'accesso alla castrazione simbolica.

Tenendo conto dell'intervento dell'adulto con cui fa il suo gioco, il bambino riconoscerà l'esistenza del desiderio dell'altro, condizione semplice e dolorosa perché nella vita non giochi da solo.

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