Primo anno
2012
Nel 2012 mi ritrovai sazio di psicodrammi pirandelliani e ricerche cliniche sulla terapia dei traumi. Dopo un incontro casuale all'accademia de Lincei, cercai di realizzare con un progetto cinematografico su Roberto Capucci il celebre couturier-artista ormai novantenne che avevo incontrato negli anni Ottanta durante i festival musicali estivi, da Verona a Salisburgo a Torre del lago Puccini, dove per dieci anni sono andato come critico lirico.
Capucci è un artista e un personaggio affascinante. La sua scheda su IMDb dice: his works appeared in the Museums of Munich, Wien, Berlin, Paris, New York, Washington, Luxembourg, Stockholm, Madrid, Strasbourg, Moscow, London, Lisbon, Firenze, Saint Petersburg and other cities.
Una bibliografia sterminata, più da archistar che da stilista. Una laurea honoris causa. Mi sembrava di fare il coming out di un amore irresistibile. Il titolo emerse in un attimo: La moda proibita.
Contro il progetto c'era una fidanzata inglese, bionda come Fernanda Pivano, detta Vertìgo, la donna che visse due volte, ostile ai miei filmetti. Al polo opposto il tirocinante della scuola Ipod Francesco Marzano detto Fresco, gioiosa incarnazione del Puer Aeternus ma, per molte cose, coi piedi a terra più di me. Francesco e io condividiamo vari miti tra cui l'analisi attiva di Sandor Ferenczi, Totò e Il diavolo veste Prada. Cercammo, come consulente del film Adriana Mulassano, storica della moda e già collaboratrice di Armani, una donna affascinante e colta, capace di un umorismo sottile e intelligente.
Per la storia di questa produzione vedi
LA MODA PROIBITA TRA CINECITTA' E SCIAMANI