Il NeoPaganesimo di James Hillman di Emanuele Fazio e Claudio Pieroni

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Il neopaganesimo o psicologia archetipica o anche mito politeistico è alla base del pensiero di James Hillman, secondo il quale tale mito ha un valore psicologico e può aiutare nella comprensione del mondo psicologico umano[1]. Hillman riferisce che la psicologia archetipica si è evoluta in larga parte dalla tradizione junghiana, ma attingendo anche da altre tradizioni e autorità come Henry Corbin, Giambattista Vico e Plotino[2].

Un tema ricorrente nel lavoro di Hillman è il processo di smantellamento dell'unico Dio, che, in un capovolgimento di Jung, risulta anche essere un attacco all'unità dell'ego o del sé. Hillman inoltre vede "la frammentazione psichica apparentemente tipica dei nostri tempi come il rigurgito di ciò che si è voluto rimuovere, determinando il ritorno del politeismo psicologico"[3].

Già Jung postulava che la libido non è l’unica energia psichica che abita l'inconscio, suggerendo anche di provare a conoscere queste energie piuttosto che rimuoverle e costringerle nella propria ombra per evitare che "... stati d'animo, stati nervosi e delusioni rendono chiaro nel modo più doloroso che [uno] non è l'unico padrone nella sua casa ..."[4].

Per Hillman, la psiche è intrinsecamente multipla e richiede quale strumento epistemologico una psicologia che non insiste né sull'integrazione né su un soggetto unificato. L'anima ha molte fonti di significato, direzione e valore, e come dice Moore: “La psiche non solo è multipla, è una comunità di molte persone, ciascuna con bisogni, paure, desideri, stili specifici e con un proprio linguaggio. Queste persone riecheggiano i molti Dei che definiscono i mondi soggiacenti a ciò che appare come un essere umano unitario”[5].

La psicologia politeistica dovrebbe aspirare non tanto a mettere d'accordo le diverse parti di Sé puntando verso un Io integrato, quanto piuttosto a concedere a ciascun dio dell'Olimpo personale di avere accesso e prendere possesso con esercizio di governo delle province dell'Anima, a cui ciascuno di essi legittimamente aspira. L'essere umano pertanto "dovrebbe accettare la molteplicità di voci, la Babele di Anima e Animus, senza pretendere di unificarle in una sola figura, e attribuendo inoltre al processo di dissoluzione nella diversità pari valore che al processo di coagulazione nell’unità. Le divinità pagane sarebbero così restaurate ciascuna nella propria sfera psicologica"[6].

Il vantaggio psicologico di nominare le strutture inconsce del comportamento e del sentimento con i nomi delle divinità è che questa strategia identifica accuratamente la natura delle dinamiche della psiche. Questa dinamica funziona come una forza impersonale attraverso le nostre persone. Non è obbediente alla forza di volontà del nostro Io. Inoltre, la dinamica della psiche è un fattore collettivo, appartenente a tutti gli uomini, non solo alla storia personale del singolo[7].

 


[1] Bedford, Gary S., Notes on Mythological Psychology: Reimagining the Historical Psyche. Journal of the American Academy of Religion, 1981-06, Vol.XLIX (2), p.231-247. Missoula, Mont., etc: Oxford University Press

[2] ibidem

[3] Miller, D. L. (1981). The new polytheism: Rebirth of the gods and goddesses. Spring publ..

[4] Jung, C. G. (1967). Alchemical studies. (R. F. C. Hull, Trans.). New Jersey: Princeton University Press p.37

[5] Hillman, J., Moore, T., & Bottini, A. (1996). Fuochi blu. Adelphi.

[6] ibidem

[7]  Miller, D. L. (1981). The new polytheism: Rebirth of the gods and goddesses. Spring publ..

 

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